Anni ’30. La Louisiana è lo stato più povero degli States. Willie Stark è un venditore ambulante, bifolco e rozzo, ma dal cuore grande. Carismatico e pieno di capacità oratorie e politiche, muove i primi passi come attivista per i diritti civili, intraprendendo un percorso politico pieno di successo, che lo porterà alla nomina di Governatore di Stato. Ma la strada dall’essere “seduttore delle masse” a “sedotto dal potere” è breve. Nella sua ascesa Willie Stark sarà accompagnato dal giornalista Jack Burden, nonché suo braccio destro.
Tratto dall’ omonimo romanzo di Robert Penn Warren, vincitore di un Premio Pulitzer nel 1946, “Tutti gli uomini del re” (2006) è il rifacimento della pellicola di Robert Rossen del 1949, che vinse ben 3 Premi Oscar, ed è ispirato alla carriera del governatore della LouisianaHuey Pierce Long.
Il film, diretto da Steven Zaillian, già sceneggiatore di famosissime pellicole come “Risvegli”, “Schindler's List” e “Gangs of New York”, narra le vicende di due protagonisti: il Governatore Willie Stark, nonché Huey Long, e il giornalista Jack Burden,. Due personaggi, interpretati rispettivamente da Sean Penn e Jude Law, che rappresentano due facce della stessa medaglia, quella del degrado morale, le cui storie si intrecceranno perdendosi l’una nell’altra.
I due attori regalano fantastiche interpretazioni, diametralmente opposte.
Teatrale è quella del magistrale Sean Penn. L’attore statunitense è perfettamente calato nella parte. Con la sua recitazione istrionica e sopra le righe, caratterizzata da una grande gestualità e mimica espressiva, dipinge un personaggio inizialmente ingenuo e dai buoni propositi, dall’oratoria accesa e dal forte idealismo, che inevitabilmente si trasforma in un populista, arrogante, sfacciato, corrotto e corruttore, che non si preoccupa di sporcarsi le mani per mantenere le sue promesse.
Fredda, invece, è quella di Jude Law. L’attore britannico, con una recitazione rilassata, contenuta e trattenuta, incarna alla perfezione la figura malinconica e disillusa del giornalista, con l’aria da figlio di papà senza aspettative, sulla via dell’autodistruzione, un tempo incorruttibile, ora strumento nelle mani del Governatore per eliminare ogni ostacolo sul suo percorso.
Il cast è di primordine: oltre ai nomi di Sean Penn e Jude Law, sono presenti quelli di Anthony Hopkins, Kate Winslet, Mark Ruffalo, James Gandolfinie Patricia Clarkson.
Steven Zaillian, racconta una storia vera con estrema bravura, utilizzando la macchina da presa in un modo che ormai sta scomparendo. Il regista, infatti, privilegia l’uso di primi e primissimi piani, dove è possibile ammirare la grandiosità delle interpretazioni degli attori, a discapito dell’uso del montaggio, ricco di artifici tecnici. Ciò che fa Zaillian è proporre un cinema “vecchia maniera”, che ormai si vede poco, dove a risentirne è il ritmo della narrazione, indubbiamente più lento, ma che permette di gustare in ogni minimo particolare la scena, vera protagonista della pellicola. I movimenti di macchina sono minimi, le inquadrature si allungano e ogni elemento che appare sullo schermo acquista importanza, venendo così recuperato quel “peso scenico” ormai perduto da tempo.
Come tutte le storie vere, “Tutti gli uomini del re” è una storia amara, ma interessante ed avvincente, che porta lo spettatore a chiedersi chi sia il Buono e chi il Cattivo. Ma il film non vuole presentare giudizi morali. Qui le concezioni di Bene e Male si confondono, perdendo quasi la loro importanza. Non ci sono né buoni né cattivi, ma solo uomini che agiscono e compiono scelte secondo i propri ideali di giustizia, perseguendo i propri propositi. Si respira quasi un’aria “machiavellica” in questa Louisiana degli anni ‘30.
La politica è presa solo a pretesto per indagare i dilemmi più profondi dell’esistenza umana e le conseguenze di un mondo politico corrotto che non lascia scampo alle persone non del mestiere. Infatti, a trionfare saranno i politici di professione e la stampa politica, ovvero coloro in grado di usare e manipolare la gente per il loro scopi.
Nel film si affrontano temi come il senso di colpa, il peccato e la redenzione, e si analizza l’impatto distruttivo e mercificatorio che il potere ha sui valori e sulle emozioni umane.
Tutto questo con il fine di esplorare la natura del degrado morale, lanciando inequivocabili collegamenti alla situazione odierna.
“Tutti gli uomini del re” non offre risposte, ma tanti spunti di riflessione, amari e duri.
Si potrebbe incominciare riflettendo su queste parole: "Tutti nasciamo nel male, il bene ce lo dobbiamo inventare strada facendo".
Giacomo Tinti
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