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"RED ROCKET" (2021) - Recensione


Sean Baker, regista statunitense conosciuto per “Tangerine” e “Un Sogno Chiamato Florida”, torna al cinema con il suo nuovo film e ci regala un piccolo capolavoro, nel pieno spirito del miglior cinema indipendente americano.


Red Rocket”, presentato in Concorso al 74° Festival di Cannes, è un film che all’apparenza potrebbe risultare leggero e disimpegnato per via dei suoi toni scanzonati, irriverenti e tragicomici, ma proprio sotto questo strato pseudo-demenziale si nasconde una pesante critica a un’America trumpiana e provinciale.


Sean Baker, da sempre attratto dalle periferie e dal sottoproletariato americano, continua il suo viaggio cinematografico nel raccontarci la caduta del “sogno americano” e del grande vuoto che è rimasto. Lo fa raccontandoci l’avventura di Mikey, un ex porno attore caduto in disgrazia che, malmenato, senza un soldo né una valigia, torna a casa a Texas City dalla ex moglie, nella speranza di avere un letto su cui contare.


La prima scena è già memorabile: sulle note scanzonate di “Bye Bye Bye” degli NSYCN, quasi a voler creare un corto circuito tra arrivo e partenza, Mikey viene respinto veementemente dalla ex moglie Lexi, che non ne vuole proprio sapere di rivedere la sua faccia.

Ma Mikey è un gran manipolatore, egoista e narcisista, e non ha problemi a convincere Lexi.

Nel frattempo, sperando di ricevere la sua seconda chance per tornare glorioso a Los Angeles, cerca di mantenersi quotidianamente con qualche “lavoretto”.

La fortuna non si fa attendere e Mikey si imbatte nella diciassettenne “Strawberry”, bella e maliziosa cassiera di un Donut’s Shop, che gli confida di voler scappare dalla deprimente realtà provinciale che la circonda.

La seconda occasione è pronta a essere colta e Mikey non si farà attendere!


“Red Rocket” è una ventata d’aria fresca, è un grido ribelle e irriverente, che si scaglia contro tutta quella “Cancel Culture”, che si è abbattuta sul cinema americano negli ultimi anni, causandone un appiattimento in termini di rappresentazione e temi trattati. Nemmeno il cinema indipendente, tradizionalmente più progressista e politicamente scorretto, ne è uscito indenne. Sean Baker fortunatamente è un’artista controcorrente e porta sullo schermo la sua rappresentazione critica di una parte degli Stati Uniti, quella abbandonata, ignorante, povera, violenta e volgare, che è stata la base fondamentale per il successo di Trump alle Presidenziali del 2016.


Tutto questo viene raccontato attraverso una meravigliosa sceneggiatura che ruota abilmente sulla costruzione del personaggio di Mikey, così umanamente spregevole da risultare affascinante e magnetico per lo spettatore. Mikey come già detto è un manipolatore e un narcisista, ma è anche un gran sognatore… insomma è una via di mezzo tra un “Don Chisciotte e un Casanova della pornografia”.

Il secondo punto di forza del film sta proprio nell’uso del mondo del porno per costruire il personaggio principale. Sean Baker provoca e disturba lo spettatore, lo mette a disagio… lo catapulta in un mondo a luci rosse, poco avvezzo ai racconti cinematografici. Proprio in questo sta la forza vincente e originale di Baker: andare controcorrente, rifiutare la “cancel culture” e dare libero sfogo alla propria creatività, visione e voce. Mikey “Saber” parla usando il linguaggio e la terminologia del porno, si nutre di porno: il porno è la sua vita, la sua unica aspirazione. Mikey è estremamente coerente con se stesso, è inattaccabile sotto questo punto di vista.

Farà scintille incontrando lo spirito libero, malizioso, provocante e non tanto ingenuo di Strawberry, che non sarà affatto disturbata né spaventata dal mondo a luci rosse che le si palesa dinnanzi agli occhi.


Tanti sono gli applausi da fare al cast, il punto di forza di ogni film di Sean Baker: Simon Rex si cala alla perfezione nel personaggio di Mikey e lo fa suo; Suzanna Son, al suo esordio cinematografico, provoca e “stuzzica” non solo il protagonista ma anche lo spettatore; Bree Elrod è da urlo nel ruolo di Lexi e perfetti sono Brenda Deiss, Judy Hill, Brittany Rodriguez e Ethan Darbone nel dare vita al microcosmo che circonda Mikey.


Sean Baker ha realizzato “Red Rocket” interamente in pellicola 16 mm, proponendo una visione più sporca, amatoriale e underground, più affine a raccontare la provincia americana e il degrado del sogno americano. I paesaggi si alternano tra scorci naturalistici, spaventosi impianti industriali e quartieri color pastello quasi irrealistici. Viene da domandarsi in che posto ci si trovi.


Sean Baker si conferma nuovamente grande e talentuoso artista, e sopratutto lucido interprete dei giorni d’oggi. Ogni suo film è una visione unica e originale, in grado di affascinare, divertire e colpire lo spettatore.


“Red Rocket” ne è l’ennesima conferma: è una bellissima, folle, irriverente favola neorealistica americana, intrisa di pop, bandiere a stelle e strisce e pornografia.


Viva il Cinema!

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