Spagna, 1966. Antonio è un professore che insegna l’inglese ai suoi alunni, usando le canzoni dei Beatles. Grandissimo fan del gruppo di Liverpool, un pomeriggio viene a scoprire che John Lennon è ad Almeria per girare un film. Emozionato all’idea di incontrare il suo mito, non esita a salire in macchina e ad intraprendere un viaggio alla rincorsa del suo sogno. Sulla sua strada incontrerà due giovani autostoppisti che si uniranno a lui: Bélen, una ragazza incinta in fuga dall’istituto in cui era stata rinchiusa, e Juanjo, sedicenne scappato dalla famiglia perché in rotta con la rigida educazione impostagli dal padre poliziotto. Tra i tre nascerà un’incredibile amicizia.
David Trueba ha riscosso enorme successo tra il pubblico, vincendo ben 6 Premi Goya (l’equivalente spagnolo del nostro Donatello), con il suo “La vita è facile ad occhi chiusi” (2013). Il regista spagnolo si è ispirato alla vera storia del professore Juan Carrión Gañánche incontrò John Lennon sul set del film di Richard Lester“Come ho vinto la guerra”, con la scusa di completare le trascrizioni delle canzoni dei quattro di Liverpool, con cui insegnava ai suoi allievi. Il cantante non solo accettò di incontrarlo, ma il caso volle che dopo quell’incontro i nuovi album dei Beatles contenessero i testi scritti delle canzoni incise.
Gran merito va dato a Trueba per aver raccontato un aneddoto sconosciuto ai molti. Ma “La vita è facile ad occhi chiusi” non è solo questo. Il titolo non a caso è tratto dalla canzone “Strawberry Fields Forever” (Living is easy with eyes closed), e rende chiara l’intenzione del regista che punta lo sguardo su una Spagna schiacciata dal franchismo, dove chi usa la violenza è aiutato dal silenzio e dall’indifferenza dei cittadini. Il regista ripone il suo sentimento di libertà, umanità e civiltà nei suoi tre protagonisti “outsider” che, nell’arte e nella musica, trovano la forza di opporsi all’oppressivo conformismo imposto dalla dittatura, benché sarebbe stato più facile voltarsi dall’altra parte e fare finta di non vedere.
Il film è impostato su un registro semplice, dove a farla da padrone, è un’aurea di ottimismo e dolcezza. David Trueba è riuscito a descrivere dei personaggi spontanei e comuni, pervasi da una grande umanità. Notevoli sono le interpretazioni dei tre attori, in particolare quelle di Javier Cámara, grazie alla quale, alla sua quarta candidatura, ha vinto il Premio Goya come “miglior attore protagonista”, e dell’affascinante esordiente Natalia de Molina, che si è aggiudicata il premio come “Migliore attrice rivelazione”.
Bellissima è l’ambientazione: suggestivi e quasi magici sono gli scenari della provincia spagnola che si possono ammirare in questo emozionante viaggio “on the road”.
“La vita è facile ad occhi chiusi” può essere considerato, a tutti gli effetti, un film di formazione per tutte le età. Il professor Antonio è una sorta di maestro di vita per i due giovani protagonisti e per lo spettatore. Buono e goffo, affronta con dignità e semplicità le problematiche e le insoddisfazioni della propria esistenza, senza mai perdere il sorriso, e non esita, con il suo disarmante ottimismo, ad impartire lezioni di umanità e solidarietà. Antonio non si limita ad insegnare ai due ragazzi, ma offre loro il suo ascolto. Dopotutto, l’adolescenza e la giovinezza sono due tappe difficili per un giovane, sempre piene di incertezze, paure e problemi. Il film, non a caso, si apre sulle note di “Help” e vuole suggerire che nella vita non bisogna mai vergognarsi nel chiedere aiuto, ma soprattutto che non bisogna mai sottrarsi al grido di aiuto altrui, offrendo sempre il proprio ascolto.
“La vita è facile ad occhi chiusi” è un film che fa star bene e che, lasciando nello spettatore quel senso di leggerezza, serenità e felicità, fa affrontare la vita con assoluto ottimismo.
Giacomo Tinti
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