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"IO, DANIEL BLAKE" (2016)


Daniel Blake è un carpentiere che ha appena avuto un infarto. Su disposizione del medico non può tornare a lavorare e deve assolutamente stare a riposo. Di umili estrazioni sociali, Daniel ha bisogno di quei pochi soldi per vivere e, in mancanza del lavoro, deve chiedere il sussidio per malattia. Questo, inspiegabilmente, gli viene negato. Daniel, però, non si abbandona allo sconforto: è deciso a far valere i suoi diritti, di uomo e cittadino, e ciò lo porterà a scontrarsi con un mondo assurdo fatto di insensata burocrazia.


In questo 2016 Ken Loach torna in forma dirompente, firmando una tra le sue più belle pellicole.

“Io, Daniel Blake” è un film che arriva dritto al cuore, anzi arriva come un pugno nello stomaco. Com’è noto ai molti, Loach si è sempre distinto per il suo impegno sociale e per aver portato sullo schermo la voce dei più deboli, degli oppressi e degli sfruttati. Da ricordare è il suo rifiuto, nel 2012, a ritirare il Gran Premio Torino, assegnatogli dal Torino Film Festival, in segno di protesta per i tagli e i licenziamenti al personale del Museo Nazionale del Cinema. Insomma, una grande lezione di coerenza.

Il regista inglese non perde dunque l’occasione per fare un ritratto crudo della realtà sociale britannica odierna, denunciando la terribile condizione in cui versa il lato più povero della popolazione, a causa di ingerenze politiche e di una disumana e ottusa burocrazia.

I temi toccati da Loach sono vari, con tante piccole sfaccettature che si possono cogliere e scoprire dopo due, tre o più visioni del film. Il regista critica aspramente le aberrazioni amministrative della Gran Bretagna, l’assurdità di un sistema apatico e insensibile. Loach non si sofferma solo sulle questioni politiche, ma si dedica anche a profonde riflessioni sociali, come solidarietà, umanità, compassione e dignità, dignità che a nessuno può essere negata.

Le qualità registiche di Ken Loach sono indiscutibili.

La sua è una regia semplice ed elegante. Le inquadrature sono sobrie e luminose.

La fotografia è curata e sincera. Il ritmo è lento, ma non troppo.

Lo spettatore rimane incollato allo schermo per tutta la durata del film e si immedesima con estrema facilità nel protagonista.

Il tema della storia e il modo con cui il regista britannico lo ha portato sullo schermo, ha creato una grande empatia che ha commosso e convinto le giurie di Cannes e di Locarno di quest’anno, permettendo a Loach di vincere la sua seconda Palma d’Oro e il Pardo del pubblico.

Per quanto riguarda il cast, Loach, non smentendosi, si è ancora servito di due attori sconosciuti ma di incredibile bravura: Dave Johns e Hayley Squires.

Questo film vuole ricordare allo spettatore che tutti siamo uguali, tutti siamo esseri umani, tutti siamo persone e non animali. Nessuna disgrazia o complicazione potrà cancellare il lato umano nei nostri comportamenti verso il prossimo. Niente potrà predicare indifferenza, insensibilità e disumanità.

In questa pellicola il regista britannico insiste, più che sul concetto di uomo, su quello di cittadino, perché il mondo è pieno di cittadini per bene, buoni, che sono la struttura portante dei valori e dell’organizzazione dello stato, ma che troppo spesso vengono ignorati dal potere politico.

“Io, Daniel Blake” è un film che emoziona, che mette a dura prova noi stessi, che fa interrogare sulla reale situazione odierna.

È un film che bisogna guardare assolutamente, per migliorare noi e per poi migliorare gli altri.

“Io, Daniel Blake” dovrebbe essere proiettato nelle scuole per educare le future generazioni all’umanità, alla compassione e alla solidarietà. Senza questi tre ingredienti, non si può sperare in un futuro migliore.


Giacomo Tinti



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