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"IN FONDO AL BOSCO" (2015)


Inverno 2010, Val di Fassa. Ogni anno a Croce di Fassa si festeggia la notte dei Krampus, durante la quale gli abitanti sfilano mascherati da diavoli, terrorizzando il paese. La leggenda vuole che quegli stessi diavoli vengano a rapire i bambini cattivi. Quella notte Tommi, un bambino di 4 anni, scompare. Cinque anni dopo, la polizia trova un ragazzo senza nome e documenti, il cui DNA coincide con quello del bambino scomparso. Restituito alla famiglia, Manuel, il padre, è felice di poter riabbracciare il figlio, mentre Linda, la madre, e il nonno, si rifiutano di riconoscerlo. È davvero il loro figliolo?


“In fondo al bosco” (2015) è un film prodotto da Sky e girato dal giovane regista toscano, Stefano Lodovichi, alla sua seconda prova sul grande schermo.

Il film prende spunto da tutti quegli episodi della recente cronaca nera italiana, dal rapimento di Tommy Onofri al delitto di Perugia, dalle sette sataniche al delitto di Cogne, divenuti ormai parte del nostro immaginario collettivo. Il regista cerca di elevare queste vicende alla dignità cinematografica, trasformandole in un soggetto e strappandole alle misere ricostruzioni destinate ai salotti pomeridiani televisivi.

Un’operazione delicata e complessa, che si è risolta in un grande successo. Alto, infatti, era il rischio di banalizzare e ridicolizzare l’intero intreccio narrativo, mandando all’aria tutto l’impianto thriller, abilmente costruito e orchestrato.

Per tutta la durata di “In fondo al bosco” si respira un’aria cupa e pesante, che si riflette nella fotografia, nelle luci e nelle tecniche di ripresa. C’è un uso abile e ponderato della macchina da presa, che conduce lo spettatore in un continuo stato di ambiguità e terrore.

Molti sono i temi che entrano in gioco, dal satanismo alle antiche tradizioni popolari, dall’incidente all’omicidio, dalla pazzia all’amore per un figlio, ma nessuno di questi prende il sopravvento, evitando che il film giunga a conclusioni affrettate, scontate o inappaganti. Il metro scelto dal regista è quello della semplicità e del realismo. Lodovichi, in più punti del film, sembra voler prendersi gioco dello spettatore fornendogli, una dopo l’altra, diverse spiegazioni agli interrogativi che si pone.

Il cast, formato da Filippo Nigri, Camilla Filippi, Teo Achille Capri e Giovanni Vettorazzo, è perfetto e regala performances credibili e funzionali al genere del film. Straordinaria la location, la Val di Fassa, che con i suoi boschi e le sue montagne, conferisce completezza alla storia.

Lodovichi con “In fondo al bosco”, non si muove solo verso la direzione del terrore e della magia nera della montagna, ma vuole puntare il dito contro quelle comunità e quei nuclei famigliari che si rivelano ottusi, inadeguati ai sentimenti, profondamente violenti e incapaci di comprendere e accogliere il disagio esistenziale e le sfumature dell’animo umano, rimanendo chiusi e uniti contro lo “straniero”, unico capro espiatorio per qualsiasi disgrazia.

“In fondo al bosco” è una piacevole sorpresa, ma soprattutto una “scommessa produttiva” vinta da Sky, che ha deciso di sostenere questo giovane regista.

Sebbene da anni il cinema italiano sia in crisi, in questi ultimi mesi si cominciano a intravedere i primi segnali di rinascita, grazie proprio a giovani registi talentuosi, come Stefano Lodovichi.


Giacomo Tinti



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