Fleabag, la rivalsa del black-humor
“Io credo che tu sappia come amare meglio di tutti noi, è per questo che è così doloroso per te.”
Nel 2013, Phoebe Waller-Bridge, sceneggiatrice, commediografa britannica e attrice, mette in scena un monologo teatrale nato da una scommessa con un suo amico. Nel 2016, lo spettacolo viene adattato in una serie tv, trasmessa prima per la BBC Three e in seguito distribuita su Amazon Prime Video. Si tratta di “Fleabag”, oggi ritenuta una delle serie più importanti del decennio, vincitrice di numerosi premi tra cui quattro Emmy Awards e due Golden Globe.
Sacco di pulci “Fleabag”, letteralmente “sacco di pulci”, è una serie dramedy composta da due stagioni. La protagonista, soprannominata proprio Fleabag, è una trentenne che, nella Londra del XXI secolo, sopravvive a una quotidianità fatta di fallimenti, traumi non superati e sesso occasionale.
Nel mondo del piccolo schermo non si era mai visto un personaggio femminile di questo calibro: un’antieroina che va contro tutto e tutti, che rappresenta la parte più nascosta dentro di noi. In un certo senso, diventa un vero e proprio alter ego per lo spettatore, che deve imparare ad accettare con coscienza. Fleabag si porta sulle spalle il peso dell’autenticità, a discapito di altri personaggi femminili inverosimili e stereotipati. Questa protagonista è provocatoria, sboccata e magnetica. Umorismo tagliente
“Fleabag” di base racconta una vicenda profonda e dolorosa e vede i suoi personaggi impegnati a (non) affrontare i loro traumi. Ma lo fa in modo disinvolto. La storia, infatti, è pervasa dal black – humor, che veicola di continuo delle verità devastanti per i vari personaggio messi in scena. Fleabag ne fa un uso continuo, ammicca direttamente al pubblico, grazie anche al costante sfondamento della quarta parete. Anche per questo, il personaggio di Fleabag è considerato schietto, brillante e indimenticabile, frutto di una scrittura molto ispirata. Phoebe Waller–Bridge (Killing Eve, The Iron Lady, Solo: A Star Wars Story) ci mette ancora più personalità con la sua interpretazione, che dimostra anche la sua predisposizione come attrice.
Ribaltamenti e tabù
Le vicende di Fleabag si scontrano di continuo con alcuni capisaldi sociali, che puntualmente la serie dissacra: l’importanza della famiglia tradizionale, la sacralità del matrimonio, la visione di una donna composta e discreta. Ogni personaggio di “Fleabag” incarna o vive uno di questi aspetti sociali. Il padre di Fleabag, interpretato da Bill Paterson (Charlot, Dickens – L’uomo che inventò il Natale, Rebecca, Good Omnes), anaffettivo che cerca in parte di ricreare la famiglia anche dopo la morte della moglie. La matrigna, interpretata da una straordinaria Olivia Colman (Assassinio sull’Orient Express, La favorita, The Father – Nulla è come sembra, La figlia oscura), che si autoproclama una grande artista e viene puntualmente ridicolizzata dalla serie. Claire, la sorella di Fleabag interpretata da Sian Clifford (Vanity Fair - La fiera delle vanità, Two Weeks to Live), che cerca in ogni modo di preservare il suo matrimonio, dando la colpa dei tradimenti del marito alle donne stesse e che nasconde tutto quello che potrebbe danneggiare, anche un minimo, la sua reputazione.
“Fleabag” è un viaggio che attraversa quelli che nella maggior parte delle altre serie sono considerati tabù: dal sesso anale all’amore profano per un prete. Il che la rende una serie irriverente e unica nel suo genere. Le due stagioni sono ben equilibrate. La prima vede una Fleabag spezzata dal dolore e dal senso di colpa, e racconta della sua lenta discesa verso il declino. La seconda rappresenta una sorta di rivalsa del personaggio, che non ha più intenzione – o la forza – di nascondere le proprie ferite. Infatti, mentre la realtà degli altri personaggi viene a poco a poco distrutta, Fleabag riesce a riportare se stessa sulla strada giusta. Tra il cinismo e il sarcasmo, non mancano l’amore e le sue conseguenze drammatiche. Con il suo piccolo capolavoro, Phoebe Waller-Bridge ci insegna che a volte per veicolare un messaggio, persino per parlare del lutto, una risata può essere il mezzo più efficace. E, bisogna dirlo, lei si è dimostrata una vera maestra.
Carlotta Pinto
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