Nominata agli Oscar 2002 come “Miglior film straniero”, “Elling” è una deliziosa e ironica commedia norvegese sull’emarginazione sociale, firmata Petter Næss.
“Elling” è la storia di due inseparabili disadattati. Il primo è Elling, da cui il film prende il nome, ed è un uomo che fino ai 38 anni vive chiuso in casa con la sola compagnia della madre. Una volta morta, viene condotto in un istituto, dove tentano di guarirlo dalle sue fobie e paranoiche insicurezze. Qui incontra il suo unico amico, Kyell, un gigante buono e goffo, i cui unici pensieri sono cibo, donne e sesso. Dopo due anni il governo norvegese decide che è ora di reinserirli nel contesto sociale e colloca i due amici in un appartamento ad Oslo. Qui Elling e Kyell dovranno fare i conti con un solare e volenteroso assistente sociale, che aiuterà loro a ricostruirsi una vita.
Petter Næss non ha alcun intento moralistico. Tutto viene raccontato realmente com’è, senza filtri e abbellimenti. Il regista racconta la miseria umana, con spensieratezza, senza distaccarsi dalla realtà e lasciando da parte pietismo e toni consolatori. I personaggi ci appaiono così come sono. Sono due folli e stravaganti, ma con desideri e bisogni comuni: desiderano tornare ad una normalità, ad una vita sociale. Ma la normalità è un concetto astratto e spesso troppe volte idealizzato, senza sapere cosa sia realmente.
Il regista, infatti, sembra rifiutarla e preferisce strizzare l’occhio alla miseria come costante dell’esistenza umana. Dopotutto non sempre le cose seguono i nostri progetti e spesso ci si può abbandonare alla sconsolatezza. Petter Næss sembra suggerirci che l’unico modo per essere felici, è accettare la miseria della propria condizione, cogliendo soddisfazione da ogni singolo momento e abbandonandosi alle passioni e alle emozioni, che sono tutto ciò che abbiamo.
I due attori protagonisti, Per Ellefsen (Elling) e Sven Nordit (Kjell) , rendono giustizia ai loro personaggi. La loro è un’interpretazione difficile, specialmente per il personaggio di Elling, mai banale e di grande emotività. Ne escono fuori due disadattati di animo buono, dai cui occhi si legge una dolcezza quasi contenuta per pudore, che ora vuole sprigionarsi al mondo degli altri. E così, sebbene siano un po’ stravaganti e inusuali, entrambi cercano di riavvicinarsi alla vita e lo fanno in modo diametralmente opposto: Elling cerca il suo riscatto nella poesia, appagamento della mente, e Kjell nell’amore, appagamento del corpo e dello spirito.
L’intera vicenda è raccontata attraverso un’ironia particolare, composta ed elegante, tipicamente scandinava.
La regia è agile ed ordinata. C’è perfetto equilibrio tra l’utilizzo della camera a mano e le inquadrature statiche ma essenziali. La fotografia è semplice, sgranata ed estremamente realistica. Ricorda quella tipica del “Dogma 95”.
Petter Næss realizza un film naturale, sobrio e sincero, che ha avuto un gran successo in Norvegia, poi in Europa, fino a giungere alla corte hollywoodiana.
La nomination agli Oscar forse un po’ inaspettata, visto un racconto semplice e poco originale, e un cast per i molti sconosciuto. Infatti, fa sorridere notare che gli attori non abbiano neanche la pagina personale su Wikipedia Italia.
Ma è bastata la genuità dell’idea, la delicatezza e l’abilità con cui è stata trattata la storia, e la capacità di emozionare attraverso i folli personaggi.
Giacomo Tinti
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