Sandra è un’operaia di una piccola azienda che realizza pannelli fotovoltaici. Ha un weekend a disposizione per far visita ai suoi sedici colleghi. Dovrà convincerli a votare contro il suo licenziamento, al costo, però, di rinunciare a un bonus di mille euro ciascuno.
“Due giorni, una notte” (2014) è l’ultima perla firmata dai fratelli Dardenne ed è stata presentata alla 67a edizione del Festival di Cannes.
Ancora una volta i due fratelli, Jean-Pierre e Luc, offrono un cinema fatto di questioni sociali delicate e di valori umani.
La pellicola racconta un dramma individuale che rispecchia la condizione sociale più diffusa ai giorni nostri: quella della precarietà.
I fratelli Dardenne, dunque, non hanno dimenticato uno dei loro temi più cari, quello del lavoro, e non hanno di certo perso il loro autentico stile, con cui raccontano una storia.
Jean-Pierre e Luc riducono al minimo ed eliminano ogni elemento superfluo alla narrazione e riportano sullo schermo la realtà, nella sua forma più pura, cruda e sincera.
La storia è estremamente semplice ma drammaticamente attuale.
C’è una pluralità di temi: non viene affrontata solo la dimensione del lavoro e della disoccupazione, ma anche quella della depressione.
I due fratelli lavorano per sottrazione. Vengono ridotti al minimo dialoghi e parole, che spesso si ripetono. Le motivazioni e le spiegazioni sono poche ma essenziali. La storia si regge, infatti, sull’alternarsi di sguardi, silenzi e gemiti, dai quali traspare grande dolore. Non a caso, è una splendida, drammaticamente bella e brava, Marion Cotillard a tenere in mano le redini della narrazione.
La scenografia è ordinaria e quotidiana. I colori sono nitidi e caldi. C’è un uso sapiente e morbido della camera a mano.
Lo sviluppo narrativo è lineare e lento, senza capovolgimenti improvvisi.
“Due giorni, una notte” è un film sostanzialmente scarno ma pieno di tanti accorgimenti stilistici, affinché si rispetti la sua vocazione al puro realismo.
Ci si trova di fronte ad un film “on the road”, a un viaggio edificante e di ricostruzione di se stessi, ad una guerra tra poveri, dove non si cerca pietà ma dialogo, comprensione e appoggio. Il tutto carico di una palpante tensione.
Come sono poche le parole del film, poche sono quelle necessarie a descriverlo.
“Due giorni, una notte” è un film che colpisce dritto al cuore. È una pellicola che non vuole che si dimentichino i valori fondamentali per una società giusta: la dignità e la solidarietà. È uno splendido esempio di cinema sociale di alta qualità.
“Due giorni, una notte” va semplicemente visto.
Giacomo Tinti
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