Vienna, secondo dopoguerra. La città è occupata e governata dalle forze alleate. L’americano Holly Martins, uno squattrinato scrittore di romanzetti d’avventura, viene invitato nella capitale austriaca dal suo migliore amico Harry Lime. Ma appena arrivato viene a sapere della sua morte.
Lime sarebbe stato investito da un camion. Secondo la polizia e i suoi amici più stretti, due uomini l’avrebbero soccorso. Invece, secondo il portiere del palazzo, sarebbero stati in tre. Chi è il terzo uomo?
Scritto da Graham Greene e girato da Carol Reed, “Il terzo uomo” (1949) è un noir di culto. Vincitore del “Grand Prix” per il miglior film al 3° Festival di Cannes (1949), del Premio BAFTA come “Miglior film britannico” (1950) e dell’Oscar per la “Migliore fotografia” (1951), “Il terzo uomo” negli anni è stato inserito nelle classifiche più prestigiose dei migliori film della storia del cinema.
Una Vienna messa in ginocchio dalla guerra, piena di macerie e contrabbandieri, caotica e confusa, occupata e divisa dagli eserciti russi, inglesi, americani e francesi, è il perfetto scenario in cui ambientare un noir denso di mistero, suspense e tensione.
Il tema della pellicola è lo stretto e delicato rapporto che intercorre tra l’apparenza e la verità.
Infatti, le certezze del protagonista Holly Martins, verranno minate quando il capo della polizia inglese, il maggiore Calloway, gli svelerà chi era realmente il suo amico Harry Lime. Il suo conflitto interiore sarà rappresentato dalla doppia veste della capitale austriaca: una diurna, in cui Holly tenterà di compiere le sue inconcludenti indagini, e una notturna, fatta di strade deserte e di loschi individui, di ombre e silenzi, in cui lo scrittore pian piano riuscirà a fare chiarezza.
La verità, infatti, non si può mai trovare in superficie, ma bisogna sempre scavare in profondità, scendendo nei sotterranei e nelle fogne viennesi.
Quest’effetto, della doppia natura di Vienna, è stato reso possibile grazie alla fantastica fotografia firmata Robert Krasker, premio Oscar nel 1951. Volutamente in bianco e nero, la città austriaca di notte cambia totalmente volto: da maestosa diventa decadente. Sempre scura, ambigua, piena di luoghi insignificanti e malinconici, la città diventa protagonista di uno spettacolare gioco di luci e ombre ben orchestrato dal regista, che ha avuto inoltre la trovata di bagnare le strade per far scintillare le superfici.
Altro pilastro portante di questa pellicola è l’indimenticabile colonna sonora di Anton Karas, che con il suo zither, una sorta di cetra, compose il celeberrimo “The Harry Lime theme”. Il tono allegro e scanzonato della musica si sposa incredibilmente con le atmosfere cupe, angoscianti e ricche di tensione della città notturna, creando un contrasto azzeccatissimo e memorabile.
A concludere l’opera c’è il favoloso cast composto da grandi nomi come quello di Joseph Cotten, Alida Valli, Trevor Howard e dove a splendere c’è il solito sornione, dannatamente intrigante e pieno di talento Orson Welles.
“Il terzo uomo” è un trionfo per tutti: per la regia di Carol Reed, per la sceneggiatura di Graham Greene, per la fotografia di Robert Krasker, per le musiche di Anton Karas e per Orson Welles, che crea un personaggio indimenticabile.
“Il terzo uomo” è una pellicola che non ha perso il suo fascino, nonostante siano passati più di sessant’anni. Oggi è possibile riscoprirla al cinema in tutta la sua bellezza, grazie al nuovo restauro in 4K realizzato da Studio Canal.
Un’occasione da non perdere assolutamente.
Giacomo Tinti
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