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31^ FESCAAAL - Day #09 - "ASSAULT", "CAI-BER" e "KHADIGA"

Penultimo giorno di proiezione del 31° Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina!

Ieri sono stati presentati in sala tanti nuovi film:

  • dal MiWY i lungometraggi Neighbours di Mano Khalil, un divertente film siriano, e Children of the Sun di Prasanna Vithanage dallo Srilanka ci hanno fatto fare un viaggio indietro nel tempo.

  • dal Concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo i lungometraggi 98 segundos sin sombra di Juan Pablo Richter, una commedia drammatica ambientata nella Bolivia degli anni Ottanta, e Freda di Gessica Généus, che racconta una storia di resilienza al femminile ad Haiti.

  • dal Concorso Extr'A: doppia proiezione di Mother Lode di Matteo Tortone e Los Zuluagas di Flavia Montini.

Ieri è stato proiettato Isole di Mario Brenta e Karine de Villers, i presidenti di giuria del 31° FESCAAAL, che hanno presentato questo loro documentario fuori concorso.


Oggi la redazione di "Fotogrammi" vi consiglia a racconta 3 bellissime visioni di questo festival, che potrete ancora vedere in streaming su MyMovies:

  • Giacomo vi racconterà di "Assault", film kazako della sezione FLASH, stravagante dark comedy dalle atmosfere thriller ambientata in uno sperduto villaggio tra i ghiacci;

  • Federica vi parlerà di "Cai-Ber", cortometraggio di Ahmed Abdelsalam che racconta la vita, racchiusa in poche ore, di una ragazza egiziana;

  • Teresa vi consiglierà "Khadiga", cortometraggio egiziano che narra di una giovane madre di 18 anni, che si ritrova sola con il suo bimbo neonato, in un paese che sempre più la farà sentire a disagio.


Sezione FLASH - "ASSAULT"

L’ultimo film di Adilkhan Yerzhanov, pluripremiato regista kazako, è una stravagante dark comedy dalle atmosfere thriller ambientata in uno sperduto villaggio tra i ghiacci.

“Assault” ci porta in una scuola occupata improvvisamente da un gruppo di terroristi armati e mascherati senza alcuno scrupolo. In preda al panico, il professore di matematica scappa via con la folla impaurita, lasciando i suoi studenti nella classe chiusa a chiave. In attesa dell’arrivo delle forze speciali, che causa neve impiegheranno non meno di due giorni, un gruppo stralunato di otto improvvisati assaltatori pianifica un raid nell’edificio per liberare i piccoli ostaggi. Il villaggio immaginario di Karatas, in cui si svolge la nostra storia, è popolato esclusivamente da personaggi incapaci, codardi, comici e corrotti.

Questa variopinta umanità ha da sempre fornito uno sfondo desolato e assurdo per la maggior parte dei film di Adilkhan Yerzhanov, soprattutto in quest’ultimo suo oscuro, divertente e bizzarro lungometraggio.

Con “Assault” Yerzhanov prende in giro non solo cinema di genere, ma anche il suo stesso film. Il riferimento alle stragi nelle scuole di Beslan e Kazan non è casuale: il regista vuole ridicolizzarle, privando loro dell’immaginario collettivo brutale e violento. Infatti il film non si concentra sull'assalto dei terroristi, ma sulla preparazione del contro assalto da parte dell’originale gruppo di cittadini.

Anche la mascolinità, la virilità, le istituzioni (come quella della scuola, della famiglia, della polizia e della genitorialità) e persino la filosofia come concetto, sono tutte derise. Allo stesso tempo, il commento sulla preda e sul predatore, come dettato dal modello Lotka-Volterra (il tasso di consumo di prede da parte di un predatore è direttamente proporzionale all'abbondanza della preda) e il modo in cui le crisi possono costringere le persone a cambiare ruolo è piuttosto eloquente.

Tutto ciò aggiunge profondità alla narrazione, ma nulla sfugge alla sua inevitabile derisione. Il modo in cui poi l'esercito e il sistema generale operano e agiscono, chiudono il film lasciando allo spettatore un sottile velo di amarezza.

“Assault” è una piccola perla sotto molti punti di vista. La caratterizzazione dei personaggi è pazzesca: a inizio film si vede come tutti siano concentrati sulle loro piccole esigenze e nessuno si accorge dell’arrivo indisturbato dei terroristi che a loro volta non hanno nessuno scopo, non avanzano nessuna richiesta, seminano il terrore senza alcun perché. I cittadini che organizzano il gruppo di salvataggio sono tutti dei reietti in cerca di riscatto, tra sensi di colpa, bugie e corruzione. La sceneggiatura è frizzante: i dialoghi sono fini, intelligenti ma allo stesso tempo grotteschi e ironici, con battute che fanno cadere in principio qualsiasi intento serio e riflessivo nel film.

Ma il grande plauso va alla fotografia e alla regia: l’ambientazione desolata, in uno scenario quasi distopico e sospeso, sono il grande pregio di questo film. Ci sono sequenze spettacolari, come quella in cui il gruppo di cittadini cerca di simulare su una landa innevata varie incursioni all’interno della scuola, riproducendo la pianta dell’edificio in scala 1:1 sulla neve. L’umorismo è dark e glaciale, il ritmo non è sostenuto, ma comunque congeniale a una narrazione che non mira all’effetto action.

“Assault” è una creatura cinematografica indefinibile: è un film che prende in giro tutti i generi e che inevitabilmente risulta unico nel suo genere.


di Giacomo Tinti


Concorso Cortometraggi Africani – "CAI - BER"

Ahmed Abdelsalam nel suo cortometraggio Cai-Ber ci racconta la vita, racchiusa in poche ore, di una ragazza egiziana.

Nour è alla ricerca del suo posto sicuro al mondo e decide di andare a trovarlo in Germania, a Berlino. La sua necessità è quella di evadere da un luogo a cui ormai non sente più di appartenere, pur avendoci vissuto per una vita intera.

La protagonista è una ragazza sveglia e testarda non si lascia abbattere dalle difficoltà, nemmeno quando dovrà fare i conti con la dura realtà locale.

Le luci notturne della città fanno da sfondo alla pellicola che presenta diversi temi tra cui quello dell’alienazione e il bisogno di scoperta e di superamento dei confini posti dalla società. di Federica Farioli



Concorso Cortometraggi Africani – "KHADIGA"

Khadiga” di Morad Mostafa è un cortometraggio in concorso alla 31° edizione del Festival del cinema Africano, Asia e America Latina. Il regista ha studiato filmmaking a Cinema Palace in Egitto. Ha scritto e diretto due cortometraggi: “Henet Ward” e “Quello che non sappiamo di Mariam”, che hanno avuto la loro prima mondiale a Clemont-Ferrand e sono stati selezionati in altri importanti festival.

Con poche e significative immagini, il regista ci mostra l’angoscia e la depressione di una giovane madre egiziana di soli 18 anni che si ritrova da sola a crescere suo figlio neonato perché il marito l’aveva abbandonata per cercare fortuna in una città lontana. Khadiga, in una giornata come tante, o apparentemente tale, circondata dai rumori della città del Cairo, in preda a un raptus, compirà un gesto folle che segnerà la sua vita per sempre.

Le immagini finali sono davvero struggenti, è come se la protagonista si svegliasse da un brutto sogno ma si rende conto che è la realtà e il gesto che ha compiuto non è reversibile e se ne pente.

L’attrice è stata davvero brava ad immedesimarsi nel personaggio e a far trapelare tutto il senso di inadeguatezza, prima, e il dolore, poi, provato dalla protagonista.

I dialoghi sono quasi assenti, ma lo spettatore non sente la necessità di avere maggiori dettagli: le mute riprese bastano per far passare il messaggio. Le immagini della quotidianità e i rumori ambientali sono fondamentali per coinvolgere lo spettatore e sono come una voce che grida per l’intero cortometraggio.


La narrazione è lineare, si svolge tutta in una giornata, mostra la classica giornata di Khadiga: accudisce il bambino, gli prepara da mangiare, chiama sua madre, prende i mezzi per andarla a trovare. C’è soltanto un intoppo, un gesto fatto d’istinto, dovuto alla depressione.

“Khadiga” è un cortometraggio di soli 20 minuti ma sono abbastanza per mostrare il disagio che la protagonista prova a vivere in una società che probabilmente la giudica, senza un marito e con la responsabilità di un neonato che dipende solo ed esclusivamente da lei.


É un film crudele forse e scioccante, ma allo stesso tempo ti travolge in un turbinio di emozioni. di Teresa Vasciarelli




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