Ieri, mercoledì 4 maggio la programmazione è entrata veramente nel vivo!
Del concorso Extr'A sono stati proiettati America non c'è di Davide Marchesi, in anteprima mondiale, e La leggenda dell'albero segreto di Giuseppe Carrieri, in anteprima italiana.
Continua anche il concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo: ieri è stato il giorno di The Gravedigger's Wife di Khadar Ayderus Ahmed, Whether the Weather is Fine di Carlo Francisco Manatad e Amparo di Simón Mesa Soto.
Come da tradizione, ogni lungometraggio è stato preceduto da uno dei cortometraggi del Concorso Cortometraggi Africani. Il nostro Giacomo era presente al Cinema Arlecchino, riaperto grazie alla supporto della Cineteca di Milano, e ha visto per voi Hot Sun, della sezione concorso cortometraggi africani, e Whether the Weather is Fine, per il concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo.
Concorso Cortometraggi Africani – "HOT SUN"
“Hot Sun” di Joash Omondi è un cortometraggio davvero curioso. Il regista kenyota ci porta a Nairobi, per seguire la giornata lavorativa di Diana, colf nelle case dei benestanti della città.
È interessante come Joash Omondi abbiamo messo in contrasto la noncuranza e l’indifferenza dei padroni di casa, con il duro lavoro di Diana che sfinisce anche il suo corpo.
In un cortometraggio che è pressoché muto, il montaggio è il grande protagonista: immagini e suoni sono amalgamati in una sinfonia dinamica, che prende lo spettatore e fa vivere sulla sua pelle, le fatiche della colf protagonista. È un susseguirsi metodico e ritmico di scene accostate in parallelo tra la sera prima e il giorno dopo, di dettagli di cibo avanzato, di rifiuti biologici, di vestiti sporchi e di disordine generale. I movimenti di Diana si fanno sempre più nevrotici e affaticati. A creare armonia c’è una colonna sonora di suoni e rumori impeccabile, che rappresenta la vera voce di questo film. Cosa ci lascia quindi “Hot Sun”?
Una sensazione di indifferenza, di noncuranza, di mancanza di rispetto e di educazione, ma soprattutto una grande consapevolezza di diseguaglianza.
Concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo – "WHETHER THE WEATHER IS FINE"
Viaggio di maturazione di un ragazzo, Miguel, nella città di Tacloban devastata da un terribile tifone. Vagando tra disperati, militari, criminali e animali in fuga, il giovane si libera dalle prigioni interiori e dalla presenza delle figure femminili dominanti della sua vita (la madre e la fidanzata). Nel caos dell’emergenza si manifesta la complessità della società filippina, tra fanatismo religioso e cultura pop televisiva. “Whether the Weather is Fine” è un lungometraggio filippino, co-prodotto con il sostegno di Francia e Singapore, nonché esordio alla regia del giovane Carlo Francisco Manatad, uno dei montatori cinematografici più prolifici delle Filippine. Premiato al 74° Locarno Film Festival con il Premio Junior Jury, è giunto alla 31^ edizione del FESCAAAL per il suo debutto italiano!
Una prima regia il cui risultato è estremamente interessante! Il film ci porta in ciò che resta della città di Tacloban, colpita dalla furia devastante del Tifone Yolanda che nel 2013 devastò le Filippine. La storia è ispirata alla stessa esperienza del regista che dopo la catastrofe partì da Manila per cercare a Tacloban la sua famiglia: ciò che trovò davanti a sé fu la completa distruzione, una devastazione disorientante perché nulla era più come prima, non c’erano più punti di riferimento, la città in cui era cresciuto da piccolo era stata rasa al suolo. Carlo Francisco Manatad realizza un grande lavoro di ricostruzione dettagliata per l’ambientazione della storia: non vengono utilizzati effetti speciali, tutto è costruito sul set e se pensiamo che la storia segue il vagabondare di tre sopravvissuti, con continui cambi di scene e svariati piani sequenza, si può facilmente constatare che il lavoro è stato immenso e certosino.
In questo scenario drammatico e apocalittico, viene raccontata la storia di tre personaggi alla ricerca della propria svolta esistenziale: il protagonista Miguel, giovane ragazzo totalmente spaesato nella distruzione che lo circonda, cerca di raggiungere la sua libertà che identifica nell’indipendenza dalla madre, con la quale ha un legame quasi indissolubile. A circondare il giovane ci sono due figure femminili preponderanti: la madre Norma, che disperatamente cerca l’ex marito per poter chiudere definitivamente con lui e iniziare una nuova esistenza, e la fidanzata Andrea, ragazza forte e determinata che non guarda in faccia a nessuno, sognando di raggiungere il successo come cantante pop.
Ciò che rende davvero interessante la visione di “Whether the Weather is Fine” è come il regista sia riuscito a realizzare una storia ambientata in un scenario di morte e distruzione, narrandola però con i toni dell’onirico. Infatti nel seguire il viaggio e le vicissitudini dei tre personaggi, tra macerie, cadaveri e disperazione, ci si imbatte in momenti piuttosto surreali, ironici, assurdi e visionari, che rappresentano un po’ le due principali anime antitetiche della società e della cultura filippina: il fanatismo religioso e la cultura pop televisiva.
Una chiave narrativa originalissima che vuole, a mio avviso, spaesare lo spettatore proiettandolo in una situazione senza più alcun senso, tra incubo e sogno, la stessa in cui si è risvegliata la popolazione filippina dopo il Tifone Yolanda, che ha devastato vite, quotidianità e tutto il mondo che il giorno prima li circondava. Il regista, nell’incontro avvenuto a seguito della proiezione, ha sottolineato un’altra riflessione interessante sull’uso del registro onirico: dopo un disastro di tali proporzioni, la gente è smarrita, si muove e cammina perché sente di doverlo fare, ma non ha né un motivo né una meta. Con lo stile a tratti ironico, fantastico e surreale, Carlo Francisco Manatad ha voluto dare una nuova dignità e uno scopo a quelle anime perse, sottraendole alla realtà di morte e distruzione. “Whether the Weather is Fine” è una visione che cattura, per la splendida fotografia e per il perfetto montaggio che conferisce un ritmo lento ma congeniale all’inserimento di momenti onirici, scanditi da liturgie religiose e brani pop pronti da ballare e cantare, senza dimenticare un piccolo dettaglio: è appena passata la furia devastatrice del Tifone Yolanda, che avrà di certo spazzato via infinite vite, ma non lo spirito del popolo filippino.
di Giacomo Tinti
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