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29^ FESCAAAL - Day #3 - "DREAMAWAY" e "LA CAMARISTA"


"Incontro del Tè" con Marco Müeller, Liu Jie e Li Jiaxi. (Photo by Sarah Cirone)

Un’altra giornata ricchissima si è conclusa ieri, 27 marzo, al 29^ FESCAAAL, il cui programma cinematografico sta entrando nel vivo! Ieri è stata anche la volta dell'inaugurazione dell’iniziativa "HIDDEN DRAGONS", in collaborazione con l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano. La sezione di film dal Pingyao Crouching Tiger Hidden Dragon International Film Festival (PYIFF), il prestigioso festival che Marco Müller ha fondato insieme a Jia Zhangke nel 2017, porta nelle sale cinematografiche 4 pellicole di grande importanza e che rappresentano al meglio il cinema cinese. Assieme a Marco Müeller, 2 erano i registi presenti al consueto “Incontro del Tè” al Festival Center: Liu Jie per “Baby” e Li Jiaxi per “Don’t Walk Away”.

Il nostro resoconto dei film che abbiamo seguito:

Concorso Cortometraggi Africani – “EYEBROWS”

“Eyebrows” è un cortometraggio di Tamer Ashry, che esprime una forte critica contro quella fede dogmatica basata sul calcolo matematico di peccati e buone azioni, il cui minimo squilibrio porterebbe alla perdita di un posto in paradiso.

Forte critica espressa attraverso il punto di vista di due amiche musulmane. Entrambe coperte dal burqa, una è legata ad un rigido formalismo, frutto forse della fede di recente acquisto, l’altra è in conflitto interiore. Vorrebbero compiere un piccolo gesto che sarebbe considerato un atto di ribellione verso Dio: depilarsi il monociglio.


di Giovanni Maria Tosi


Concorso Cortometraggi Africani – “BEST DAY EVER”

Ironico e triste è il cortometraggio di Anissa Daoud e Aboozar Amini “Best Day Ever”, proiettato ieri sera allo Spazio Oberdan in presenza della regista tunisina Anissa. “Best Day Ever” è frutto del progetto The Factory - Quinzaine des réalisateurs, che nel 2018 ha visto protagonista la Tunisia. Il cortometraggio racconta un giorno di una famiglia, che non sembra poi essere il migliore dei giorni possibili. Peculiare ed intrigante è la modalità di narrazione: lo spettatore è reso Dio, e ha il privilegio di poter godere della visione dei quattro punti di vista. Tra una madre che torna a casa, un padre intento a guardare la partita, il figlio caduto ai piedi delle scale e la figlia che si prepara per andare ad una festa, la tensione rimarrà sempre alta e si scorgeranno tanti malintesi. Da sottolineare i bellissimi quattro primi piani che introducono, ad uno ad uno, i quattro personaggi della storia: sono veri ritratti di estrema bellezza.

di Giacomo Tinti


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Concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo – “DREAMAWAY”

“Dreamaway” è un film diretto da Marouan Omara e Johanna Domke, ambientato in Egitto a Sharm el-Sheikh. I personaggi sono i dipendenti di un resort deserto per mancanza di clienti. I sogni e le speranze di ognuno si alternano, tutti confessati alla mascotte del resort: un uomo travestito da scimmia che invita le persone a seguirlo nell’albergo. Bloccati in un limbo da cui sembra non esserci alcuna uscita, i giorni passano senza che nulla cambi. La fotografia sembra sbiadire tra i granelli di sabbia del deserto, in cui si trascinano uno dietro l’altro i veri abitanti, triste larve del resort. Tutti sognano di trasferirsi all’estero e il film si chiude con la possibilità per uno dei personaggi di coronare questa aspettativa. Il prezzo? Sposare un anziano cliente italiano.

di Giovanni Maria Tosi


Concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo – “LA CAMARISTA”


Dopo diversi importanti riconoscimenti ottenuti in molti festival, giunge sugli schermi italiani in occasione del 29^ Festival del cinema Africano, d’Asia e America Latina, l’ultima pellicola di Lila Avilés, “La Camarista”, racconto intimo della vita del personale di servizio all’interno di un hotel di lusso a Città del Messico. Narrato attraverso gli occhi di una timida e discreta cameriera, Eva, il film messicano è intrigante fin dall’inizio, per l’atmosfera che si respira.

L’ambientazione asettica e sterile porta a disorientare lo spettatore, che si perde nei meandri dell’immensa torre di cristallo che domina sulla capitale messicana.

Tra questa quiete anonima e grigia, ecco spuntare una silenziosa cameriera, che con movimenti convulsi, quotidianamente si accinge a riordinare il caos lasciato dai ricchi clienti. “La Camarista” è un film di poche parole e dai ritmi lenti, che sono funzionali a far immedesimare lo spettatore nella monotona routine. Si entra in un vortice lento e inesorabile che porterà all’alienazione.

Alla ricerca della propria identità e di miglioramento della qualità della vita, Eva dedicherà anima e corpo per giungere sino ai piani alti dell’hotel, dove vi sono le suite di lusso. Non ci sono spazi di respiro, momenti di quiete, all’interno della vicenda raccontata.

Ci si ritrova costantemente e quotidianamente a contatto con l’intimità forzata e con la privacy della ricca clientela, a volte eccentrica, spesso indifferente.

La regia è molto curata, la messa in quadro è impeccabile. Ogni inquadratura sembra un quadro minimalista. I pochi colori, bianchi e grigi, accentuano il senso di claustrofobia e soffocamento che la protagonista sta vivendo. Lo spettatore è silente, e segue con passione gli occhi fragili e timidi di Eva, in lotta per la propria emancipazione e autoaffermazione. Se avete amato la storia della domestica Cleo nel pluripremiato “Roma” di Quarón, apprezzerete sicuramente “La Camarista” di Lila Avilés.

di Giacomo Tinti


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