Sezione "PROSPETTIVE"
L’identità documentaristica e indipendente, di ricerca, del Filmmaker Festival è ben presente nelle pellicole proiettate sabato 16/11 al cinema Arcobaleno nella sezione “Prospettive”. “Prospettive” presenta una proposta non omogenea, filmmaker dall’esperienza più varia con film altrettanto diversi fra di loro, ma accumunati dalla voglia di sperimentare all’interno della forma documentario. Tre i film proiettati, di cui il primo (“Asmrr molesto” di Ilaria Pezone) fuori concorso. Dopo la proiezione i registi si sono fermati in sala per rispondere a delle domande volte a chiarire il senso e il procedimento del loro lavoro.
Ilaria Pezone ha trovato interessante l’accostamento del suo film ai due in concorso (“For the Love I Show” di Pietro Coppolecchia e “Lo spazio delle corde” di Caterina Ferrari), sottolineando come le tre pellicole siano associabili per l’intento voyeuristico che le caratterizza; “Asmrr molesto”, sulla scia del teatro dell’assurdo, gioca su una performance monologante che parodia i video ASMR sbarcati recentemente su Youtube, svelandone gli aspetti grotteschi.
“For the Love I Show” di Coppolecchia porta sul grande schermo due ragazzi rasati, grandi camicie e grandi sogni, “due alieni in Italia”, come dice la voce narrante della ragazza che attraversa l’intero film come una lettera d’amore, la cui storia termina per via di un visto non ottenuto. Il film richiama l’estetica di molti video del recente fenomeno dell’indie italiano, sia per i protagonisti (degli outcast immersi nel proprio sogno) sia per la storia ed è forse il motivo per cui, dopo la visione, si ha la sensazione di aver assistito a qualcosa di generazionale. Il regista ha sollevato proprio questa questione, affermando che nonostante il film possa avere un’aria di “confezionato” il suo è stato un vero e proprio approccio documentaristico perché ha filmato una storia vera: la troupe ha filmato fino al loro ultimo momento insieme in aeroporto.
Infine “Lo spazio delle corde” di Caterina Ferrara: nella forma il più classico dei tre, nei contenuti certamente avanguardistico. Infatti la forma documentario si presta a sdoganare un tema su cui pesano svariati tabù, ovvero le pratiche BDSM, attraverso lo sguardo, il corpo e la voce di tre donne e un uomo che realmente le esercitano. Non è un film dalla facile visione, soprattutto per la poca familiarità della gran parte del pubblico con il tema trattato ed è proprio qui il suo interesse maggiore: mettere alla portata di tutti, senza mezzi termini, una pratica altamente stereotipata nell’immaginario comune attraverso l’autenticità delle vite narrate, delle persone che ritrovano se stesse “nello spazio delle corde”, la cui testimonianza schietta e nuda su un aspetto così delicato della propria vita è ciò che convince di più della pellicola.
Caterina Ferrari ha detto che il corpo costituisce un continuum nella sua ricerca. In questo film ciò che le premeva era la dimensione privata dell’estasi e il benessere che può derivare dalle pratiche BDSM. Il documentario è frutto di un profondo lavoro di conoscenza tra la regista e le persone che hanno prestato la propria esperienza, un aspetto che ha determinato la mancanza di imbarazzo durante le riprese. Un’idea di cinema diversa, un modo di documentare altrettanto dissimile, ma con un’irriverenza e freschezza che rende questi tre autori e i loro film delle proposte inedite e interessanti da seguire nel presente e nel futuro della settima arte italiana.
Giulia Annecca
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